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Immagine del redattoreGabriele Deodati

È POSSIBILE ESSERE COMPROPRIETARI DI UN IMMOBILE SENZA FIGURARE NEL ROGITO?

Ebbene sì, basta una semplice scrittura privata intervenuta fra le parti a dimostrare la comproprietà di un immobile.

L’istituto giuridico di riferimento è quello del patto fiduciario, in virtù del quale, a fondare la comproprietà di un soggetto estraneo al rogito, è sufficiente che il formale proprietario della casa riconosca, anche con un semplice atto unilaterale, che l’acquisto del cespite è avvenuto in comunione e che pertanto egli è soltanto comproprietario del bene. Il principio appena esposto è meglio analizzato nella recente pronuncia della Cassazione, la n. 10472 del 19 aprile scorso.

Il caso

Il ricorso è proposto dall’ex compagna dell’uomo cui risulta intestato l’appartamento. La signora deduce che, dopo aver sottoscritto il contratto preliminare per l’acquisto dell’abitazione, l’allora suo partner l’avrebbe convinta a non figurare nell’acquisto dell’immobile. I due decidono comunque di regolare il rapporto tra di loro mettendo nero su bianco la circostanza che, in realtà, l’appartamento apparteneva ad entrambi.

Dopo circa due anni di convivenza, la coppia si lascia e l’uomo intima alla ex compagna di lasciare l’immobile, affermandone la detenzione senza un valido titolo. La signora è quindi costretta a rivolgersi al giudice, chiedendo preliminarmente di accertare l’autenticità della scrittura privata e, di conseguenza, essere dichiarata comproprietaria dell’appartamento.

Se in primo grado il giudice le dà ragione, in secondo grado, in completa riforma della sentenza, il tribunale ribalta la decisione. L’uomo è pertanto dichiarato proprietario esclusivo dell’appartamento sul rilievo che la scrittura privata intervenuta fra le parti non costituirebbe un atto dispositivo della proprietà del bene con effetti reali ma soltanto una regolazione del dare e avere fra le parti.

Principi del patto fiduciario

Come già affermato dalle sezioni unite civili, il patto fiduciario di un immobile non richiede la forma scritta, da intendere quale atto bilaterale e contemporaneo all’acquisto.

L’unico elemento necessario è che vi sia l’accordo dal quale risulta che il fiduciario s’impegna a trasferire il bene al fiduciante in attuazione proprio del predetto accordo. E proprio la fiducia infatti la causa dell’intera operazione economica posta in essere che si articola in diversi negozi giuridici e rende lecito e meritevole di tutela l’impegno di ritrasferire l’immobile assunto dal fiduciario.

Ciò significa che la dichiarazione unilaterale del fiduciario (nel caso esame, quella successiva all’acquisto con la quale le parti si dichiaravano comproprietarie) dà luogo a un assetto d’interessi che costituisce non un’autonoma fonte di obbligazione ma una promessa di pagamento, costituendo un atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario che ha soltanto l’effetto di confermare il rapporto preesistente che nasce dal patto fiduciario. L’uomo, in sintesi, con la dichiarazione scritta riconosce che l’acquisto dell’abitazione è avvenuto in comunione con la signora.

La prova dell’accordo restitutorio

I giudici della suprema corte, hanno pertanto affermato che, seppur dalla dichiarazione non discende l’obbligo per il fiduciario di trasferire il bene, essa esonera comunque il fiduciante dall’onere di provare il rapporto fondamentale. In buona sostanza, si assiste ad un’inversione dell’onere probatorio, in quanto il fiduciario è obbligato al trasferimento in base al pactum fiduciae, anche se stipulato oralmente e, riconoscendo la proprietà in capo al fiduciante (nella scrittura privata posteriore all’acquisto), grava sul fiduciario l’onere di dare l’eventuale prova contraria dell’esistenza, validità, efficacia, esigibilità o non avvenuta estinzione del pactum.

Nel caso in esame, l’uomo non ha però fornito alcuna prova a supporto della propria condizione di unico proprietario, limitandosi genericamente a contestare il contenuto della dichiarazione e non dimostrando nulla per smentirne la sua esistenza e/o validità.

Al contrario, dall’istruttoria non vi sono dubbi circa il fatto che la donna ha effettivamente contribuito all’acquisto della casa. Difatti da un lato vi è la testimonianza del promittente venditore dell’immobile il quale ha dichiarato di aver ricevuto dalla donna il primo ed il secondo degli acconti versati rispetto al saldo del corrispettivo, dall’altro la stessa donna ha prodotto in giudizio le fatture per le spese sostenute per la manutenzione dell’immobile.

Fonte immobiliare.it



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