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Immagine del redattoreGabriele Deodati

SPETTA AL LOCATORE O AL CONDUTTORE L’ADEGUAMENTO ALLA NORMATIVA ANTINCENDIO?

Ancora una sentenza in tema di contratti di locazione ad uso commerciale, a riprova del fatto che occorre porre molta attenzione in sede di stipula di tale tipologia contrattuale. Come argomentato nella sentenza n. 2174 pronunciata dalla Cassazione civile il 24/01/2023, a farne le spese questa volta è la società conduttrice di un immobile, impossibilitata a proseguire la propria attività per mancato rispetto della normativa antincendio dell’immobile locato.

Adeguamento alla normativa antincendio: è obbligatorio?

Una società, che aveva in locazione un immobile per uso commerciale, chiedeva al Giudice di pronunciarsi per la risoluzione del contratto di locazione e conseguente condanna del locatore al rimborso dei canoni non dovuti, nonché al risarcimento dei danni subiti.

A dire della società conduttrice, l’inadempimento del locatore si fondava sul mancato conseguimento dei titoli amministrativi indispensabili per l’esercizio dell’attività commerciale programmata dalla società conduttrice, con particolare riferimento al certificato di prevenzione incendi ed al connesso certificato di agibilità.

Risultata soccombente la società conduttrice nei primi due gradi di giudizio, decideva pertanto di fare ricorso in cassazione.

I motivi del ricorso in Cassazione

La principale motivazione di ricorso della società conduttrice riguardava la circostanza che l’immobile, già al momento della sottoscrizione del contratto di locazione, era destinato, per la comune intenzione delle parti, all’esercizio dell’attività che necessitava la concessione del certificato di prevenzione incendi, mai richiesto dalla società locatrice.

Inoltre, sempre a detta della ricorrente, la sentenza impugnata trascurava di considerare che il mancato conseguimento del certificato aveva impedito la formazione del silenzio assenso della pubblica amministrazione su tale punto, con la conseguenza di integrare un grave inadempimento del locatore, tale da giustificare la domanda di risoluzione del contratto e risarcimento dei danni.

Difatti, l’assenza del certificato di prevenzione incendi doveva essere valutata meglio dal giudice di primo grado che avrebbe dovuto rilevare l’inidoneità dell’immobile locato ad essere oggetto di quello specifico uso individuato dalle parti nel contratto di locazione e, pertanto, travolgere la validità stessa del contratto.


La decisione della Suprema Corte

La Suprema Corte, seppur formalmente rigettava il ricorso poiché prospettato in modo errato (richiedendo in sostanza una nuova valutazione dei fatti preclusa invece in sede di legittimità), entrava comunque nel merito delle doglianze mosse da parte ricorrente.

In particolare, gli ermellini concordavano con la decisione presa nei precedenti gradi di giudizio, non potendo attribuire alcuna responsabilità al locatore né per il mancato conseguimento del certificato di prevenzione incendio né per quello di agibilità.

Decisivo nel caso in esame è l’articolo 9 del contratto di locazione, il quale prevedeva espressamente che la società conduttrice si faceva carico di adottare “ogni cautela dall’unità sanitaria locale o da qualsiasi altro ente preposto al fine di soddisfare le norme legislative vigenti”.

È quindi del tutto evidente che, nel caso in esame, il locatore non abbia assunto alcun impegno di conseguire i titoli amministrativi necessari per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale dedotta in contratto, anzi a carico, per espressa previsione contrattuale, del conduttore.

Inoltre nessun inadempimento poteva addebitarsi al locatore, neanche in termini di inidoneità del bene locato per l’uso commerciale. Difatti, se la società conduttrice, come previsto dall’art. 9, si fosse attivata autonomamente sia per conseguire il certificato di prevenzione incendi sia quello di agibilità, le caratteristiche dell’immobile non avrebbero certo impedito il conseguimento di tali autorizzazioni.

Fonte immobiliare.it



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