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Immagine del redattoreGabriele Deodati

SCALE E CONDOMINIO: UN CASO PARTICOLARE

Questione controversa quella analizzata dalla recente sentenza della Suprema Corte che, con la pronuncia n. 17582 del 20/06/2023, ha cercato di fare chiarezza sul rapporto esistente tra l’accesso alla abitazione privata da una scala posta in un altro edificio e la qualità di condomino.

Cerchiamo però di fare chiarezza riassumendo prima il caso.

La vicenda

Un condominio senese agiva nei confronti di quello che reputava essere condomino per il recupero di oneri condominiali non pagati. Quest’ultimo nell’opporsi alla richiesta del condominio, affermava di non essere condomino di quel condominio e quindi nulla gli poteva essere chiesto a titolo di oneri condominiali.

Egli riferiva infatti che si serviva soltanto di una scala di quel condomino, utilizzata per raggiungere la propria abitazione, sita però in un diverso condominio. La conseguenza, a detta del singolo proprietario, era che il mero utilizzo della scalinata non poteva comportare l’acquisto della qualità di condomino.

Le ragioni addotte dal singolo proprietario non venivano però accolte né dal giudice di primo grado né da quello di appello, non lasciandogli quindi altra possibilità che fare ricorso in Cassazione.

La decisione della Cassazione

I Giudici della Suprema Corte, letti attentamente i fatti di causa e le motivazioni della sentenza impugnata, accoglievano il ricorso proposto ribaltando quindi la decisione.

A dire degli ermellini, l’uso di una parte dell’edificio del condominio non è di per sé sufficiente ad ammetterne la comproprietà, da ciò facendone derivare la qualità di condomino del ricorrente, posto che l’utilizzo può essere frutto dell’autonomia privata, come ad esempio l’esistenza di una servitù di passaggio.

Difatti, la sussistenza di una scalinata a comune e di androne e, quindi, il rapporto di accessorietà necessaria, strutturale e funzionale, che lega alcune parti comuni di corpi di fabbricati distinti non può comportare automaticamente l’attribuzione della qualità di condomino.

La Cassazione proseguiva la motivazione dell’accoglimento sul presupposto che, in sede di opposizione del singolo proprietario, il giudice avrebbe dovuto accertare ed approfondire la questione della titolarità comune di una porzione dell’edificio (nel caso in esame la scalinata), in quanto inerente all’esistenza del rapporto di condominialità ex art. 1117 c.c..

Al contrario, né il giudice dell’opposizione né quello di appello ha analizzato minimamente la questione.

Occorre pertanto cassare la sentenza, rinviando ad altro giudizio la vicenda al fine di poter valutare effettivamente la qualità di condomino del ricorrente.

Fonte immobiliare.it



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