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Immagine del redattoreGabriele Deodati

NESSUNA AUTORIZZAZIONE DEL CONDOMINIO È NECESSARIA PER REALIZZARE UNA “TERRAZZA A TASCA”

In ambito condominiale si registra ormai una sempre maggiore attenzione alle esigenze abitative del singolo con la valorizzazione del diritto di proprietà (costituzionalmente garantito), a dispetto dell’intera compagine condominiale.

L’evoluzione giurisprudenziale si è registrata anche in relazione al tema oggetto del presente articolo, e cioè la possibilità del singolo di poter realizzare una c.d. “terrazza a tasca”, per molto tempo ritenuta un’illecita modifica e trasformazione del tetto di copertura di condominiale e pertanto non consentita.

Che cos’è una terrazza a tasca?

La terrazza a tasca si ricava dalla naturale pendenza del tetto condominiale. Per costruirla è necessario rimuovere una parte della copertura, conservandone, verso l’esterno, una porzione sufficiente per il parapetto.

Certamente, la profondità della terrazza dipenderà dalla pendenza della falda del tetto.

Il caso: la terrazza a tasca sul tetto condominiale

Una condomina chiede al condominio l’autorizzazione a realizzare una terrazza a tasca sul tetto condominiale. L’assemblea qualifica tale intervento come innovazione e rigetta la richiesta, poiché non era stato raggiunto il quorum deliberativo previsto per tali lavori.

La donna impugna pertanto la delibera condominiale, ritenendo che la realizzazione di una terrazza a tasca non dovesse inquadrarsi come innovazione, bensì come mero uso più intenso della cosa comune ex art 1102 c.c. e, quindi, non necessitava di alcun quorum assembleare per l’approvazione.

I primi due gradi di giudizio non accolgono però la tesi della donna, affermando che spetta al singolo condomino dimostrare che non sono violati i limiti dell’articolo 1102 del c.c. nel realizzare l’intervento, nonché dimostrare che le tecniche costruttive adoperate garantissero la funzionalità del tetto.

La controversia è così giunta in Cassazione, dove la ricorrente ha sostenuto che i primi due giudici avrebbero fatto cattiva applicazione degli artt. 1102 e 1120 c.c..

La Cassazione con la sentenza n. 36389/2022 del 13/12/2022, nell’accogliere la domanda, ha ricordato che le modifiche alle parti comuni dell’edificio, contemplate dall’art. 1102 c.c., possono essere apportate dal singolo condomino, nel proprio interesse e a proprie spese, al fine di conseguire un uso più intenso, sempre che non alterino la destinazione e non impediscano l’altrui pari uso, salvo sempre che tale autorizzazione non sia imposta da una convenzione contrattuale approvata dai condomini.


Innovazione ai sensi dell’art. 1120 c.c.

La Suprema Corte coglie l’occasione per ribadire che le innovazioni consistono, dal punto di vista oggettivo, in opere di trasformazione che incidono sull’essenza della cosa comune, alterandone l’originaria funzione e destinazione.

Ciò legittima la necessità che per tali lavori le deliberazioni vengano approvate dall’assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell’edificio.

Modifiche ai sensi dell’art. 1102 c.c.

Come affermato nella sentenza: “il condomino del piano sottostante al tetto può quindi trasformarlo in terrazza di proprio uso esclusivo, sempre che un tale intervento dia luogo a modifiche non significative della consistenza del bene, in rapporto alla sua estensione, e sia attuato con tecniche costruttive tali da non affievolire la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture del tetto, quali la coibentazione termica e la protezione del piano di calpestio di una terrazza mediante idonei materiali.”

Pertanto, la deliberazione dell’assemblea che eventualmente viene richiesta dal singolo condomino, come accaduto nel caso di specie, ha valore di mero riconoscimento dell’inesistenza di interesse e di concrete pretese degli altri condomini rispetto all’utilizzazione che vuole fare il singolo condominio della cosa comune, non essendo necessaria e vincolante ai fini della realizzazione dell’opera.

Onere della prova circa il rispetto dei limiti imposti dall’art. 1102 c.c.

Il Collegio si pronuncia altresì in merito all’onere della prova, disattendendo la posizione assunta dal giudice di Appello.

Partendo, infatti, dal presupposto dell’assenza di preventiva autorizzazione assembleare per la realizzazione della terrazza a sacca, allorché il condominio (o altro condomino) intenda negare la legittimità della modificazione della cosa comune apportata dal singolo e, pertanto, il conseguente superamento dei limiti imposti dall’art. 1102 c.c., ciò si configura un fatto costitutivo, inerente alle condizioni dell’azione esperita, sicché deve essere provato dallo stesso condominio, non comportando, da parte dell’autore, alcun onere probatorio a suo carico.

La decisione

La Corte pertanto accoglie il ricorso e rinvia, anche per le spese del giudizio, alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione per la nuova decisione.

Fonte immobiliare.it



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