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Immagine del redattoreGabriele Deodati

ESISTE UNA DISTANZA MINIMA DA RISPETTARE TRA DUE COSTRUZIONI?

La Legge stabilisce che ci siano delle distanze minime tra una costruzione e l’altra e che esse debbano essere rispettate, evitando così la creazione di spazi angusti ed insalubri tra edifici, che potrebbero compromettere la sicurezza e la salute delle persone.

La violazione delle norme in materia di distanze comporta che la costruzione posta a una distanza minore debba essere arretrata alla distanza prevista, anche mediante abbattimento di tutto o di parte della costruzione.

A ciò, va aggiunto il risarcimento del danno a carico di colui che ha subito la violazione.

Qual è la distanza da rispettare tra gli edifici

L’articolo 837 del Codice Civile stabilisce che la distanza minima tra una costruzione e l’altra deve essere di tre metri, per evitare la formazione di intercapedini anguste che possono mettere a rischio la sicurezza delle persone e creare zone con scarso passaggio di aria e di luce e, quindi, potenzialmente nocive per la salute.

Le costruzioni, però, possono essere unite o aderenti, come le ville a schiera o i condomini in città, infatti, anche in questo modo, si evita la formazione di intercapedini.

I regolamenti locali possono anche stabilire una distanza maggiore di tre metri: infatti, i piani regolatori e i regolamenti edilizi comunali prevedono distanze maggiori rispetto a quella minima prevista dal Codice Civile.

È importante precisare che l’applicazione della distanza minima si segue solo se i fondi sono “finitimi”, cioè confinanti o contigui; quindi, ad esempio, se i fondi sono separati da una strada, la regola non si applica.


Cosa si intende per costruzione?

Quando il Codice Civile parla di rispetto di distanze minime tra costruzioni, non si riferisce soltanto alle case, ma anche a tutte quelle opere che hanno i requisiti della solidità, stabilità ed immobilizzazione rispetto al suolo.

In sostanza, la norma trova applicazione nei confronti di ogni manufatto che emerga in modo sensibile al di sopra del livello del suolo e che abbia caratteri di solidità e compattezza.

La norma non si applica, invece, alle costruzioni interrate, cioè a quelle interamente realizzate al di sotto del piano di campagna, cioè al livello del suolo.


Cosa succede in caso di non rispetto delle distanze tra gli edifici

I piani regolatori e i regolamenti edilizi comunali possono prevedere distanze tra costruzioni diverse da quelle indicate nel Codice Civile, purché maggiori di tre metri.

In materia di violazione delle distanze tra costruzioni previste dal Codice Civile o dalle norme dei regolamenti edilizi comunali o in altri strumenti urbanistici, al proprietario confinante che ha subito una violazione compete, oltre ad un risarcimento, una tutela cosiddetta “in forma specifica”, finalizzata cioè al ripristino della situazione precedente all’illecito.

Chi ha subito la violazione può, dunque, richiedere e ottenere la rimozione/demolizione o l’arretramento dell’opera costruita in violazione delle distanze minime.

Una volta richiesta la riduzione in pristino, però, il proprietario non potrà più richiedere il risarcimento danni, se non per i danni causati dall’opera illegittima prima della sua demolizione o del suo arretramento.


I diversi accordi tra privati

Le norme che dispongono in materia di distanze tra le costruzioni non sono derogabili dai privati che significa che i proprietari dei fondi confinanti non possono costruire opere ad una distanza inferiore a quella prevista dal Codice Civile o dai regolamenti locali, neppure se fissano in un contratto scritto tre loro.

Come si calcola la distanza tra le costruzioni?

Uno dei principali problemi in questa materia è il calcolo della distanza tra una costruzione e l’altra, dal momento che non tutte le costruzioni hanno un andamento lineare.

Ad esempio, è facile calcolare la distanza tra una casa e l’altra se le due pareti sono piatte e parallele, mentre è più complicato calcolarle quando la linea è spezzata oppure quando sono presenti sporgenze.

Nel primo caso, i giudici hanno previsto che quando una costruzione sia stata realizzata non lungo una linea retta, ma lungo una linea spezzata, in parte coincidente con il confine, in parte no, il vicino deve rispettare le distanze imposte dalla Legge, a partire dalle sporgenze e rientranze della costruzione in questione.

In sostanza, non è possibile tracciare una linea immaginaria fatta dalla media dei punti di sporgenza e di rientranza dell’altra costruzione e, quindi, le distanze minime e massime non possono essere compensate.

Quanto al secondo caso, cioè la presenza di sporgenze, hanno ritenuto che la distanza legale tra i fabbricati debba essere conteggiata dai punti di massima sporgenza.

Quindi, ad esempio, si può chiedere la rimozione di una scala esterna in muratura costruita in violazione delle distanze minime, pur se queste sono rispettate dalla parete su cui la scala è stata costruita.

Le sporgenze, però, rilevano a questi fini solo se si tratta di elementi costruttivi aventi i caratteri della solidità, della stabilità e della immobilizzazione rispetto al suolo e non quando si tratta di oggetti di modeste dimensioni ed aventi funzione ornamentale, di rifinitura o comunque di entità trascurabile rispetto agli interessi tutelati dalla legge.

Fonte immobiliare.it



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