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Immagine del redattoreGabriele Deodati

Condono edilizio, in attesa del rilascio soltanto opere di conservazione

Molte pratiche di condono edilizio sono state presentate decenni fa, cioè avvalendosi di quelli emanati con L. 47/85, L. 724/94 e L. 326/03, e molte di esse ancora non risultano rilasciate dal competente comune, vuoi per esagerata ferraginosità degli uffici tecnici comunali, vuoi per incompletezza documentale presentata dall'utente.


Forse qualcuno di questi utenti pensa di considerare la domanda aperta del condono edilizio una sorta di bonus con cui effettuare ulteriori opere abusive, da regolarizzare in un futuro momento opportuno oppure di aver adempiuto alla legge e di considerare ottenuto il condono per "silenzio assenso".


Poi ci sono quelli che hanno presentato la domanda di condono edilizio in passato depositando documentazione fotografica ed elaborati grafici, e dopo ciò hanno effettuato interventi edilizi postumi. Tali interventi posteriori possono essere effettuati secondo due regimi:

  • Con regolari titolo abilitativi, pratiche e comunicazione previste dalle norme sopravvenute;

  • In assenza di titolo e permessi vari;

In entrambe le ipotesi, l’esecuzione di opere postume alla domanda di condono edilizio inevasa compromette il rilascio positivo della stessa istanza.


Esiste infatti un fermo principio per cui è preclusa l’esecuzione di interventi modificativi della consistenza materiale del manufatto oggetto di condono, in quanto la normativa sul condono edilizio postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento, nuove opere ad eccezione di quelle dirette a garantirne l’integrità e la conservazione (Cons. di Stato n. 4743/2020, n. 1929/2020 e 470/2020 ).

Durante il periodo della pendenza della domanda di condono non è consentito alcun intervento modificativo della consistenza materiale del manufatto edilizio che ne è oggetto, pena il diniego e archiviazione della domanda di condono (Cons. di Stato n. 470/2020).


L’esecuzione interventi edilizi potrebbe infatti incidere negativamente perché fanno venire meno l’oggetto del condono: la normativa sul condono postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare, senza ammettere ulteriori opere aggiuntive (Cons. di Stato n. 4386/2014).

Infatti l’onere della prova circa l’ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono grava sul richiedente la domanda, dal momento che solo l’interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione di un manufatto; in difetto di tali prove, resta integro il potere dell’Amministrazione di negare la sanatoria dell’abuso (Cons. di Stato n. 470/2020, n. 1837/2020, 4703/2017).


Ed ecco perché in attesa della definizione del condono edilizio possono essere effettuati soltanto interventi finalizzati a garantire la conservazione del manufatto, purché gli stessi non modifichino le caratteristiche essenziali e la destinazione d’uso dell’immobile (Cons. di Stato n. 470/2020, n. 4397/2019, n. 5248/2018, n. 2738/2018).



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